L’episodio di violenza ai Riuniti di Foggia, dove 50 tra parenti e amici hanno aggredito medici e infermieri dopo il decesso di una loro congiunta è solo l’ultimo di una lunga serie estiva.
Il personale sanitario chiede più presidi di sicurezza nei pronto soccorso e negli ospedali. Il susseguirsi di episodi di violenza nei confronti di medici e infermieri rende la situazione molto preoccupante.
Da Napoli ad Empoli, da Monfalcone a Crotone, da Nord a Sud i giorni centrali di agosto sono stati caratterizzati da una preoccupante recrudescenza di aggressioni a medici e infermieri. “La sicurezza del personale sanitario è stata da subito e resta una nostra priorità”, sono state le parole del ministro della Salute Orazio Schillaci, dopo i fatti accaduti. “Comprendo e condivido la preoccupazione espressa dalle categorie dopo i recenti fatti di violenza in pronto soccorso. Siamo già intervenuti inasprendo le pene per chi aggredisce un operatore sanitario e con il Ministro Piantedosi abbiamo aumentato i posti di polizia negli ospedali. È evidente che occorre uno sforzo in più e insieme agli altri colleghi di governo valuteremo ulteriori misure necessarie a garantire più sicurezza nei presidi ospedalieri”, ha commentato il ministro. È intervenuto anche il presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) Rocco Bellantone che spiega come il problema dell’emergenza sia “strettamente legato all’organizzazione del territorio, soprattutto nei periodi difficili come quelli di agosto. È fondamentale ricostituire il rapporto di fiducia con il medico. Un rapporto anonimo peggiora l’efficienza ed acuisce le tensioni. Bisogna ridare più responsabilità ai medici di medicina generale. Il pronto soccorso deve essere al servizio dei medici del territorio che inviano il paziente e rimangono in contatto stretto con la struttura ospedaliera”.
Al Pronto Soccorso dell’ospedale San Giovanni di Dio di Crotone due dottoresse e due infermiere hanno subito la furia di una accompagnatrice di un paziente in attesa. All’ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, un uomo di 62 anni ha distrutto i locali del nosocomio con una mazza da baseball, aggredendo 12 dipendenti dell’ospedale. All’ospedale San Giuseppe di Empoli “un paziente, arrivato in pronto soccorso e poi ricoverato in psichiatria, ha seminato il caos e aggredito una ragazza ricoverata nello stesso reparto, prima che le guardie giurate e le forze dell’ordine riuscissero a riportare la situazione alla normalità”. Al pronto soccorso dell’ospedale San Polo di Monfalcone il personale sanitario ha subito un’aggressione fortunatamente solo di tipo verbale, anche se sono stati causati danni materiali ad una porta che è stata divelta. I tre feriti di Foggia chiudono – speriamo – un’estata violenta.
La violenza contro gli operatori sanitari è di fatto diventata endemica, come una malattia presente sistematicamente nel nostro tessuto sociale. La legge contro le aggressioni ai danni di medici e infermieri c’è e ha determinato un aumento delle pene, fino a 16 anni di carcere per chi commette questo reato, ma non basta. E il clima che si vive negli ambienti di lavoro, le condizioni difficili se non impossibili, in presenza di una redditività ferma, spiega forse la crisi che vivono oggi le professioni sanitarie, anche nelle scuole di specializzazione, dove un terzo dei posti rischia di restare vuoto. La carriera medica è sempre più orientata verso specializzazioni redditizie, mentre alcune specialità soffrono per la mancanza di giovani medici. La situazione richiede misure urgenti per incentivare la scelta di queste specializzazioni e migliorare le condizioni di lavoro. E’ evidente che molti giovani preferiscono scegliere quelle specialità che aprono la porta all’attività libero professionale ambulatoriale oppure al privato con maggiori guadagni rispetto al lavoro nel Ssn che soffre di un sottofinanziamento cronico. In questa estate amara non ci sentiamo di condannarli.