«Vecchio e da cambiare il 75% del parco macchine del servizio sanitario italiano? Per quanto riguarda la radiologia i dati del progetto Oasi sono troppo duri, ma è vero che dal 2010 in poi c’è stata una contrazione degli acquisti e in prospettiva c’è in Italia il problema del ricambio. Ma non servono “gruzzoli”, bensì un previdente technology assessment». Corrado Bibbolino, presidente del Sindacato Nazionale Radiologi-Snr, non è convinto che per tre quarti le apparecchiature presenti nei nostri ospedali siano da rottamare. «Il Cocir, coordinamento europeo delle industrie produttrici e distributrici di apparecchi radiologici, afferma che il 40% delle macchine ha meno di 5 anni. Da un dispositivo all’altro possono essere ancora pochi per il cambio, o troppi. Inoltre secondo l’indagine Oecd Health at glance l’Italia ha molte macchine rispetto alla media Ue, siamo al terzo posto dopo Usa e Giappone, e sono spesso apparecchi dedicati, ad esempio per la risonanza a specifiche parti del corpo».
Quindi non siamo “sparagnini”? «Non lo siamo stati, ora però presentiamo un’età media del parco macchine di 7 anni nel servizio sanitario pubblico, insieme all’età media dei sanitari più vecchia. Nei prossimi 4 anni andrà via per pensionamento almeno il 30% dei medici dipendenti, lo stop ad acquisti ed assunzioni si fa sentire: da una parte avanza un privato dove si fanno esami dedicati utilizzando gli apparecchi nelle 24 ore e remunerando diversamente gli operatori; dall’altra parte, quando c’è bisogno dell’esame funzionale o complesso per indagini più approfondite si va nel pubblico. Servono esperti di technology assessment che al momento di un acquisto dettaglino quanto bisogna accantonare anno per anno per il prossimo investimento sostitutivo, quanto personale serve e quanto si deve produrre per rientrare». Gli italiani non rischiano molto dall’avere apparecchi a raggi x obsoleti? «Eccezion fatta per patologie specifiche dove c’è bisogno di dispositivi nuovi, la legge 187 sull’accreditamento affida alla responsabilità dello specialista e del fisico sanitario la valutazione sulla vetustà della macchina. Quando si corre il rischio di non poter fare più diagnosi accurate o di avere un alto dislivello di capacità diagnostica la macchina viene messa fuori uso, il manager non può “tirare” oltre certi limiti». La fuga di personale medico apre la strada a una riflessione sul futuro rapporto con i tecnici radiologi. Di recente l’azienda ospedaliera di Pordenone ha visto confermata dal Consiglio di Stato (sentenza 25/11) la sua linea di affidare ai tecnici di radiologia passaggi importanti come la tele gestione delle Tac, nonostante l’opposizione sia del Snr sia del Ministero della Salute le cui linee guida prevedono il medico radiologo e tecnico compresenti. I giudici di secondo grado hanno eccepito un errore formale, il ricorso non era stato indirizzato ai tecnici radiologi che invece hanno interesse a resistere.
«Il Tar aveva considerato che il problema non c’era ma questa -dice Bibbolino- non era una tenzone a chi conta di più tra medico e tecnico, anche perché siamo stati gli unici tra i medici a raggiungere un accordo con i tecnici sulle competenze avanzate di questi ultimi. C’era invece l’intenzione di far applicare una legge, aderente a sua volta a una direttiva Ue, che mutua le linee guida ministeriali secondo cui il medico deve stare insieme al tecnico radiologo nella gestione di quei processi. Sarebbe stato interessante che il Consiglio di stato scendesse nel merito e dicesse la sua, invece per un cavillo formale il problema non è stato affrontato».
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