Ho conosciuto Ida Milanesi nel lontano 1993, quando giovane aiuto di Radioterapia l’ho incontrata nel mio studio dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano. Aveva vinto il concorso di assistente di ruolo e veniva a conoscere i colleghi prima di iniziare il nuovo lavoro.
La sua esperienza lavorativa precedente si era dipanata tutta all’interno dell’Istituto neurologico Besta dove si era occupata della cura dei pazienti affetti da neoplasie cerebrali della serie gliale. Era atterrata in un mondo tutto nuovo, dove le patologie cerebrali rappresentavano una sparuta minoranza. Non si fece spaventare dalle novità e, nonostante il suo cuore e la sua mente fossero dedicati alla neurologia, non fece mai mancare il suo impegno nella cura dei pazienti a Lei affidati, ma soprattutto la dedizione costante alle loro sofferenze.
Dopo qualche anno coronò il suo sogno di tornare a casa, cioè all’Istituto Neurologico Besta, prima in qualità di assistente in Neuroradiologia e successivamente presso la nuova struttura di Radioterapia. E’ in quegli anni, e più precisamente nel 1999, che la convinco, senza grande fatica, ad iscriversi al Sindacato Nazionale Radiologi che non ha mai lasciato. Fornendo spesso spunti importanti di riflessione sempre volti a migliorare la cura e l’attenzione verso i pazienti che sentiva sempre suoi.
In questi anni le nostre strada personali si incrociano ancora quando allorquando mia moglie si trasferisce a lavorare presso la Radioterapia dell’Istituto Besta. In queste ore i ricordi degli incontri e delle chiacchierate nel suo studio al secondo piano sotterraneo dell’Istituto in attesa della mia consorte si affastellano nella mente.
Emerge prepotentemente che Ida “c’era sempre”: in qualsiasi momento della giornata capitavi in Radioterapia la trovavi, quando volevi discutere un caso era presente, quando volevi solo parlare del più e del meno era lì, quando c’era da impegnarsi a velocizzare un percorso non mancava mai di dare il suo aiuto.
Salgono alla mente i ricordi delle chiacchierate sui nostri figli, le preoccupazioni reciproche e il suo grande amore per la figlia Valentina. Prepotente è il ricordo dell’orgoglio che Ida nutriva verso sua figlia.
Emerge dalla memoria anche il racconto dei suoi viaggi su quel treno che ieri l’ha portata via per sempre, la sua costanza nell’utilizzare il treno delle 6.30 che non perdeva mai, per essere presto nel suo Istituto.
Mentre scrivo queste poche righe, mi viene alla mente anche il ricordo di quanto era legata a Caravaggio, il suo paese, dove, dati i suoi molteplici interessi aveva proseguito, alla morte del padre, nella gestione del ristorante di famiglia, abbellito in giardino da un grandissimo glicine.
A noi tutti mancherà un sicuro punto di riferimento nel suo Istituto a cui affidare i pazienti più complessi e fragili.
La comunità dell’area radiologica e il Sindacato Nazionale Radiologi è vicino al marito e collega Marco Tagliaferri e alla figlia Valentina ed esprimono i più sentiti sentimenti di cordoglio.
Stefano Bracelli