Giunge notizia che, in alcune realtà, a seguito della ripresa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, le locali direzioni aziendali hanno ritenuto di trasferire, alle Unità Operative dedicate, del personale della Dirigenza Radiologica, quindi non inquadrato in discipline equipollenti/omogenee a quelle di riferimento. Al professionista radiologo verrà richiesto di fornire l’assistenza clinica ai pazienti affetti da COVID-19, senza le necessarie competenze ed esperienze infettivologiche. Il Sindacato Nazionale Area Radiologica, alla luce di tali accadimenti, difende la visione paziente-centrica da sempre ritenuta la strada maestra che deve guidare le scelte in Sanità. Tali decisioni debbono salvaguardare la salute di tutti gli ammalati: qui non si tratta di volersi sottrarre a responsabilità nei confronti dei pazienti, anzi al contrario, il nostro grido di allarme vuole contribuire a perseguire modelli organizzativi tesi alla razionalizzazione e alla ottimizzazione dei servizi offerti, includendo gli altri pazienti -in primis gli oncologici- che hanno visto dilatare i tempi di attesa per eseguire le prestazioni necessarie. Non si può spogliare un altare per vestirne un altro: anche volendo prescindere, e non è possibile, in nome dell’emergenza dalle violazioni di legge sottese a tali disposizioni. E non tralasciamo la necessità di mettere un freno alla libera circolazione di persone che, in barba alla scienza e alla prudenza, circolano diffondendo ulteriormente l’infezione.
Infine, dobbiamo nuovamente ripensare, con amarezza, alle scelte errate della politica del passato, che hanno prodotto la carenza degli specialisti e la fuga dei professionisti verso il privato: queste sono tra le vere cause dei disservizi che registriamo oggi in Sanità Pubblica.