a cura di Claudio Testuzza
Nel mezzo della pandemia si attendono risposte normative, che includano tra le “vittime del dovere” i camici bianchi contagiati sul campo, perché impiegati in “attività di tutela dell’incolumità pubblica”.
FORZE DELL’ORDINE IN PRIMIS
L’ordinamento riconosce alcune particolari indennità economiche in favore del personale civile e militare dello Stato che abbia riportato lesioni o infermità a causa del proprio servizio.
L’esigenza di tutelare militari e forze dell’ordine e, più in generale, i dipendenti pubblici ha nel tempo indotto il legislatore a coniare la categoria delle “vittime del dovere” e a riconoscere una serie di vantaggi economici.
Tali benefici sono stati introdotti a partire dagli anni ’80 per poi irrobustirsi, in particolare con la legge 266 del 2005.
L’articolo 3 della legge 466 del 1980aveva incluso, in un primo tempo, nelle “vittime del dovere” i magistrati ordinari; i militari di carabinieri, guardia di finanza, pubblica sicurezza, polizia penitenziaria e corpo forestale; i vigili del fuoco; gli appartenenti alle forze armate in servizio d’ordine pubblico o di soccorso.
ANCHE I DIPENDENTI PUBBLICI
Il successivo comma 562, dell’articolo 1, della legge 266 del 2005 aveva ulteriormente esteso la categoria, comprendendo tra i beneficiari anche i dipendenti pubblici deceduti o rimasti invalidi per particolari cause di servizio. Si va dal contrasto alla criminalità allo svolgimento di servizi d’ordine pubblico, dalla vigilanza ad infrastrutture civili e militari alle operazioni di soccorso, fino alle attività di tutela dell’incolumità pubblica e alle azioni in situazioni d’impiego internazionale.
Il comma successivo dell’articolo in questione aveva, inoltre, introdotto la categoria degli “equiparati alle vittime del dovere”, identificandoli in quanti abbiano perso la vita o riportato infermità permanenti in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative.
IL TRIBUTO DEI CAMICI
Nella lotta al coronavirus i medici sono a diretto contatto con i malati e con il rischio di infezione. C’è da dire quindi che gli operatori della sanità, lavorando in prima linea sono maggiormente esposti al contagio.
Vista anche la capillarità e le modalità di diffusione del virus e delle conseguenze riportate dai camici bianchi contagiati si può opportunamente ritenere che questi
rientrino tra le “vittime del dovere”, riconoscendo loro e ai familiari i benefici economici previsti per le categorie considerate dalla normativa.
Una risposta che sarebbe un atto di grande sensibilità politica, a fronte della devozione e dell’impegno di una categoria che sta pagando un prezzo altissimo per salvare le vite di tanti cittadini.