In Italia la cultura assicurativa-previdenziale è poco diffusa. Spesso le polizze sono viste come un’alternativa all’investimento più che come una forma di protezione a momenti di difficoltà ovvero di sostegno nella fase post lavorativa ed integrazione pensionistica.
Il mercato delle polizze vita ha trovato negli anni passati e continua a trovare tuttora un particolare interesse perché si è creduto fossero degli strumenti, in ogni caso, relativi ad un prodotto a contenuto assicurativo e quindi una forma di risparmio che potesse garantire la restituzione di un capitale maggiore di quello versato con il premio.
Così non è. Tuttavia gli italiani hanno destinato ancora alle polizze vita oltre 110 miliardi. L’ammontare più alto nella storia del nostro settore, con una crescita del 30% rispetto al 2013. A fronte di titoli di Stato che offrono rendimenti poco appetibili e in una situazione piena di incertezze, sia a livello nazionale sia internazionale, cresce ancora l’interesse verso quei prodotti che appaiono offrire da una parte la prospettiva di rendimento e dall’altra garanzie contro gli imprevisti. Anche se spesso questo mix viene fornito a costi di spese commissionali elevati e di un’assunzione dei rischi non sempre chiara ai sottoscrittori. Ricordiamo, poi, che la maggior parte delle polizze è un miscuglio di tipologie di investimento in cui la trasparenza appare molto ridotta.
Le assicurazioni sulla vita sono dei contratti, disciplinati dagli artt. 1919 e seguenti del Codice Civile, con i quali l’assicuratore, a corresponsione di un premio, si obbliga a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento relativo alla vita umana. Il premio rappresenta la quota che l’assicurato versa come contropartita del rischio assunto dalla società erogatrice. Il premio è comprensivo del così detti caricamenti rappresentati da quella parte di versamento prodotto dall’assicurato destinata a coprire le spese di esercizio dell’attività della società assicurativa I rischi di investire nelle polizze vita a contenuto finanziario sono di vario tipo: dalla difficoltà per molti di comprendere cosa c’è davvero nel portafoglio che si acquista, quello di confidare in forme di tutela, che in realtà sono limitate, e il dover fare i conti con commissioni mediamente elevate.
Negli ultimi anni le tradizionali “polizze vita” sono state, in parte, sostituite da quelle a contenuto speculativo-finanziario, che nel gergo tecnico, vengono indicate con i termini di “unit-linked” e “index-linked”, oppure polizze a “gestione separata”. Una polizza vita “unit linked” è una polizza a prevalente contenuto finanziario collegata al valore di quote di un fondo di investimento (fondi comuni e Sicav). I premi pagati dai risparmiatori vengono utilizzati per l’acquisto appunto di quote di fondi di investimento interni alla compagnia oppure esterni, cioè di altri soggetti collocatori. Può trattarsi nel caso di fondi azionari, obbligazionari, monetari oppure misti. Una polizza vita “index linked” è una polizza invece collegata all’andamento di un indice azionario oppure ad un altro indice finanziario di riferimento. Entrambi i tipi di polizza sono a forte contenuto finanziario e questo lascia facilmente capire come la recente crisi possa aver avuto, come sicuramente ha avuto, un pesante impatto anche sui risultati di tali strumenti e lo potrà avere anche sui loro sviluppi futuri.
Una scelta consapevole è il punto di partenza fondamentale per un investitore di medio-lungo periodo perché consente di lasciarsi travolgere dagli eventi e magari liquidare tutto alla prima correzione. Ma qualora si volesse interrompere il contratto le cose potrebbero essere peggiori. Il termine usato dalle compagnie di assicurazione per indicare l’operazione con la quale il cliente può chiedere il rimborso di quello che ha versato mette già i brividi: si parla infatti di “riscatto”, che volgarmente significa pagare per liberare un prigioniero!
Ma è proprio così: spesso si deve pagare per ottenere i propri soldi investiti in una polizza a capitale differito. Cioè per quei contratti assicurativi che danno, a scadenza, una somma rivalutata rispetto a quella versata. Infatti quando si richiede l’estinzione anticipata del contratto le compagnie pretendono il pagamento di penali calcolate sulle rate insolute.
In pratica vengono considerati come acquisiti tutti i premi pluriennali (ad esempio per 20 anni) e le relative commissioni su di essi gravanti. La penalizzazione può far perdere non solo il rendimento accumulato ma anche una parte di quanto versato. Il principio di questo assurda condizione si basa sul diritto dell’agente di incassare, al momento della firma del contratto pluriennale, gran parte delle commissioni previste, anche se il cliente sospende il pagamento del premio. A favore delle polizze gioca in gran parte la disciplina fiscale, che prevede il pagamento di tutte le imposte solo al riscatto o al decesso dell’assicurato. Inoltre minusvalenze e plusvalenze sui prodotti assicurativi possono essere sempre compensate, a fronte di una serie di limiti previsti per chi investe nei fondi e negli Etf. Infine appare utile ricordare che il capitale corrisposto in caso di premorienza non è soggetto a tassazione.
Claudio Testuzza