Apre oggi a Foligno il 14° Congresso nazionale del Fassid Area Snr. “Vogliamo dare il via ad un’operazione verità sull’effettiva utilità di oltre 100mln di esami diagnostici l’anno.
Le misure di Governo e Regioni rischiano di non risolvere nulla”. Sulle condizioni di lavoro dei medici: “Attività è triplicata ma unità di personale sono le stesse dal ‘94”.
E poi su rapporti con le altre professioni: “La presenza del medico è fondamentale”
Quindi anche lei sostiene che in Italia si fanno troppi esami inutili?
È sotto gli occhi di tutti. Siamo dopo la Grecia il Paese con la più alta concentrazione di impianti di TC e RM e produciamo il più alto numero di risonanze magnetiche al mondo (110 esami per mille abitanti) per un totale di oltre 100mln di esami l’anno. Non è difficile ipotizzare che questa iperproduzione scaturisca anche da un inadeguato supporto alla appropriatezza prescrittiva: secondo studi di settore solo il 56% delle richieste risulta pienamente appropriato. Il dato si commenta da sé.
Ha una stima dell’impatto economico di questo ‘surplus’?
I calcoli precisi sono difficili ma stiamo parlano di una cifra intorno ai 500mln di euro
Secondo lei di chi è la colpa?
È di tutti. Vede, qui la cosa che non va è proprio l’approccio di tutto il sistema. Ognuno ha una sua parte di responsabilità per quel fenomeno noto come medicina difensiva. In questo senso le segnalo che in Sicilia stiamo portando avanti un progetto con i medici di famiglia proprio sull’appropriatezza con l’obiettivo di costruire un modello concreto e virtuoso
Governo e Regioni sono intervenute proprio sul tema degli esami inappropriati nell’intesa (ancora non approvata) sui tagli della Legge di Stabilità. Che ne pensa?
Buono il fatto che ci si focalizzi sul tema, ma il problema è la strada che si segue. Troppe volte abbiamo visto in Italia come l’elaborazione di materie così delicate vengono affidate a piccoli gruppi che producono sempre documenti densi di criticità. Negli altri Paesi il compito di redigere linee guida o documenti di indirizzo clinico professionale è lasciato alle Società scientifiche e alle Associazioni di categoria che se ne assumono anche la responsabilità.
In questo scenario com’è mutata la professione del medico radiologo e quali sono le vostre difficoltà?
Il nostro organico è lo stesso dal 1994 mentre i carichi di lavoro si sono triplicati. Le faccio un paio di esempi pratici. Se lei pensa che una Tac di 20 anni fa faceva 20 strati e oggi ne fa 500 e se 20-30 anni fa facevamo 20mln di esami e oggi 100mln capisce bene che c’è stata una vera e propria rivoluzione nel nostro lavoro che però si vuol far finta di non vedere continuando ad interpretare la nostra attività come fossimo nel ‘900 o ipotizzando soluzioni tecnico meccanicistiche che solo male fanno alla medicina.
Il decreto precari recentemente emanato può risolvere parte della questione?
Non credo, il Dpcm ‘salva’ solo i tempi determinati. Il precariato vero, di coloro che lavorano a partita Iva o come prestatori d’opera o per conto di società di servizi esterne, rimane e il provvedimento non risolve nulla
Rapporti con le altre professioni sanitarie. Siete stati un po’ tra i precursori del dibattito. Vede delle novità?
Ha detto bene, siamo stati tra i primi a spingere per una valorizzazione delle competenze di quei professionisti che lavorano all’interno dell’area radiologica. Il lavoro oggi si è però arenato e non per nostra volontà. Le posso dire che novità non ci sono anche perché per noi una visione meccanicistica della medicina non produce risultati. La presenza del medico è fondamentale. Le ribadisco, siamo d’accordo su nuove competenze che possano dare autonomia professionale, ma questo deve avvenire nel rispetto dei ruoli e delle professioni con cui si lavora. E questo vale per tutti.
Dalla vostra assise lanciate anche un appello a risolvere i nodi del Ssn.
Per noi la regionalizzazione così come si è realizzata non è stata un bene. Si è creata una frammentazione che di fatto ha parcellizzato e offuscato il sistema nazionale. La Politica (il Mef) ha poi sempre agito tagliando le risorse in modo lineare e soprattutto nelle Regioni in Piano di rientro assistiamo a ormai quotidiani e preoccupanti fenomeni di sottoconsumo di salute. Ma guardi, come lei sa il nostro sistema produce anche eccellenze. Bisognerebbe che modelli già sperimentati in molti territori fossero posti al centro del dibattito contro la decadenza del nostro sistema sanitario nazionale.
Luciano Fassari