Martedì 30 marzo u.s. davanti alla 12a Commissione Igiene e sanità del Senato si è svolta l’audizione congiunta di SNR e SIRM nell’ambito dell’esame del disegno di legge n. 2224 e connessi (Responsabilità Professionale del Personale Sanitario).
Il Presidente SIRM, Carlo Masciocchi, e il nostro Segretario Nazionale, Corrado Bibbolino, esprimendo un cauto giudizio sul provvedimento approvato dalla Camera dei Deputati nella seduta del 28 gennaio 2016, hanno presentato ed illustrato ai Senatori un documento contenente alcuni rilievi al testo del ddl, mettendo in luce due temi a latere della responsabilità professionale ritenuti fondamentali da entrambi: la responsabilità nella omissione e nello screening senologico.
I due punti principali toccati durante l’audizione sono stati:
– l’articolo 5 sulla responsabilità omissiva dei radiologi;
– gli aspetti connessi all’attività di screening mammografico facente parte dei Lea.
L’incontro è stato l’ennesima occasione per ricordare che la posizione di SNR e SIRM è in linea con quanto espresso dalla FNOMCEO sul “necessario riconoscimento del ruolo medico sottoposto oggi da più parti ad attacchi poco comprensibili sul piano culturale prima ancora che su quello professionale ed organizzativo”, puntando il dito contro “l’imbarazzante distinzione tra esami radiologici semplici ed esami complessi”.
Sul primo punto Carlo Masciocchi ha evidenziato come “la tipicità del nostro lavoro fa sì che circa l’80% delle cause legali verso i radiologi siano basate sulla responsabilità omissiva (cioè non aver fatto diagnosi quando questa era possibile o di non aver eseguito ulteriori indagini) rispetto alla responsabilità commissiva (tipica dell’attività chirurgica e della radiologia interventistica)”.
Il punto nodale della questione è l’attuale formulazione delle linee guida, che, a oggi, non si prestano a una difesa del medico dalla responsabilità omissiva, fornendo indicazioni solo su cosa fare, mentre dovranno occuparsi, oltre che di cosa fare anche di cosa non fare, fermando la lunga catena degli accertamenti che non risulta abbiano una comprovata validità per la diagnosi finale”.
In sostanza la trappola giudiziaria in cui incappano i radiologi è insita nella semplice domanda che viene formulata dal giudice nella stragrande maggioranza dei contenziosi sugli esami radiologici: «Vi erano altre indagini diagnostiche che avrebbero permesso il rilevamento della patologia?», domanda finalizzata a indagare su una seconda presunta responsabilità omissiva. Per questo Sindacato e Società Scientifica ritengono “adeguata e rispondente alla propria esperienza la proposta già da altri formulata di costituire un organismo ad hoc comprendente istituzioni e società scientifiche deputato alla stesura finale delle Linee Guida”.
Il secondo punto portato all’attenzione dei Senatori da SNR e SIRM, fino a ora non considerato da altri, riguarda gli aspetti connessi all’attività di screening mammografico facente parte dei Lea. Screening mammografico cui nel solo 2013 hanno aderito oltre un milione e mezzo di donne tra i 50 e 70 anni, con un rischio statistico di 3000-6000 potenziali contenziosi.
Corrado Bibbolino ha rappresentato che secondo i dati riportati “un radiologo in screening ha l’obbligo di leggere almeno 5000 mammografie, quindi ogni anno, con l’attuale stato giuridico, ha la certezza di rischiare almeno 5-10 procedimenti per cancro intervallo e altrettanti per tumori correttamente diagnosticati, a causa del famoso «ma qualcosina si vedeva già due anni prima»”.
L’omessa diagnosi determina una chiara responsabilità del medico (e della struttura) con l’aggravante della partecipazione al programma di screening: “le norme e la qualificazione giuridica del medico quale debitore qualificato impedisce di affrontare serenamente l’attività di screening che, come anzidetto, è rivolta alla popolazione e non al paziente che, al momento dell’invito a partecipare allo screening stesso, tale non è”.
La richiesta di SNR e SIRM ai Senatori è quella di definire con una norma ad hoc sugli screening presenti nei Lea come “attività prevenzionali che per le caratteristiche insite non possono determinare responsabilità per il medico, i sanitari e la struttura sanitaria del servizio sanitario nazionale”.
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