L’art. 27-bis del D.Lgs. 151/2001, rubricato “Congedo obbligatorio di paternità”, introdotto dal D.Lgs. 105/2022, sancisce l’obbligo per il padre lavoratore di astenersi dal lavoro dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa”. Per l’esercizio del diritto, il padre dovrà comunicare in forma scritta al datore di lavoro i giorni in cui intende fruire del congedo, con un anticipo non minore di cinque giorni, ove possibile in relazione all’evento nascita, sulla base della data presunta del parto, fatte salve le condizioni di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva. La forma scritta della comunicazione potrà essere sostituita dall’utilizzo, ove presente, del sistema informativo aziendale per la richiesta e la gestione delle assenze.
Il successivo articolo 31-bis dispone che “il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo all’esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui all’articolo 27-bis – congedo di paternità obbligatorio – sono puniti con la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582 e, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni”.
La norma non pone nessun obbligo, né tantomeno individua delle sanzioni per il datore di lavoro che non “obbliga” appunto il dipendente a fruire di tale congedo. Del resto, trattandosi di padre lavoratore, per evidenti ragioni, il datore di lavoro potrebbe anche non venire mai a conoscenza dell’evento nascita.
Ricordiamo ai nostri iscritti diventati padri il diritto a fruire del congedo di paternità invitandoli a comunicare, con il dovuto preavviso, i giorni in cui intende fruirlo. E gli facciamo i nostri auguri più calorosi.
Fonte: Sole 24 Ore – Lavoro